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Mina canta Battisti e il 30 novembre sarà “Paradiso”

A vent’anni dalla scomparsa di Lucio Battisti, la signora della musica italiana rende ancora una volta omaggio al grande cantautore. Mina torna sulla scena musicale il 30 novembre con un nuovo disco: Paradiso (Lucio Battisti Songbook), perché “Per un’interprete cantare le canzoni di Lucio è un’esperienza celestiale”.

Paradiso

Il 30 novembre esce Paradiso (Lucio Battisti Songbook), una raccolta delle canzoni di Battisti-Mogol già cantate da Mina, più due brani mai interpretati: Vento nel vento arrangiata da Rocco Tanica degli Elio e le Storie Tese e Il tempo di morire, arrangiata dal figlio Massimiliano Pani. Di Celeste Frigo, con la supervisione di Mina, il compito di riversare in digitale dai nastri originali, editare, restaurare, rimasterizzare e remixare tutte le registrazioni. Ugo Bongianni e Massimiliano Pani hanno aggiunto a 5 dei brani programmazione e tastiere.

Il tempo di morire in radio dal 16 novembre

In anteprima su Repubblica il video del brano Il tempo di morire per la prima volta interpretato da Mina, in radio da venerdì 16 novembre.

Anteprima Il Tempo Di Morire Repubblica.it"Per un'interprete cantare le canzoni di Lucio è un'esperienza celestiale". …

Publiée par Mina sur Mardi 13 novembre 2018

Il cofanetto

L’album sarà disponibile in doppio cd, triplo lp e digitale. Inclusi anche due brani quasi andati persi, presenti nell’antologia fuori catalogo Mazzini canta BattistiPerché no Il leone e la gallina. L’edizione in cd contiene anche cinque canzoni di Battisti interpretate in spagnolo e una in francese.

La lettera per Lucio

Qualche giorno dopo la morte di Lucio, Mina scrisse una lettera che venne pubblicata su Liberal il 28 settembre 1998 e che è stata riportata nel libretto dell’edizione in cd e sulla copertina dell’edizione in vinile.

Ecco le parole affettuose a conferma della sintonia e profonda stima che ha legato per anni i due grandi artisti italiani:

Caro Lucio,
questa è una lettera che volevo scriverti da tanto, tanto tempo. Ogni volta che sentivo un tuo pezzo, ogni volta che qualcuno, per strada, fischiettava qualcosa di tuo mi veniva voglia di mettermi in contatto con te, ma ho preferito rispettare (figurati se proprio io non lo dovevo fare…) il tuo desiderio di essere lasciato in pace. E forse ho fatto male, sai? Perché adesso non so come fare per restituirti, almeno in parte, la gioia, la tenerezza, il senso di invincibilità, la coscienza di fare qualcosa di perfetto che mi dava il cantare i tuoi pezzi. Erano come il più inattaccabile meccanismo, come l’arma più efficace, come una corazza lucentissima, come una seconda pelle ancora più aderente della prima. Erano costruiti con quella apparente semplicità, con quel naturale delizioso totale mood cosmico, che fa pensare alla fluidità di Puccini, al prezioso andamento di certi canti gospel. E insieme così piantati nella tradizione della canzonetta italiana da far cantare i garzoni mentre vanno in bicicletta a consegnare il pane, i bambini e tutte le madri d’Italia mentre preparano il pranzo per i propri cari.
Che talento straordinario, che dono raro quello di essere capiti da tutti e da tutti essere amati proprio per quello che realmente si è. Sei stato il più grande nel realizzare il miracolo che ci fa sentire tutti figli della stessa materia, che ci fa cantare tutti insieme con le lacrime agli occhi.
In questi giorni ho dovuto assistere a qualche intervento sgradevole e a tanti, tantissimi omaggi commossi e sinceri. Voglio ricordarmi soltanto questi. Voglio ricordarmi gli occhi lucidi di ragazzi giovanissimi e di uomini e donne anche più che adulti. Voglio ricordarmi i tuoi, che Dio li benedica, ti hanno difeso con la forza dell’amore da tutto il caravanserraglio massmediatico. Voglio ricordarmi quei piccoli mazzolini di fiori, quei bigliettini che ti hanno portati anche loro, credo, per cercare di restituirti un pochino di quello che tu hai dato a tutti noi. Sai, avevo un sogno. Una pazzia. Insieme con Moreno, un giovane corista molto bravo che tu non hai conosciuto, ma che ti ama almeno quanto me, avevamo deciso che se tu mai avessi fatto di nuovo un concerto, saremmo venuti a farti il coro. Per il grande piacere di stare dietro di te e cantare insieme a te quelli che sono i nostri perfettissimi, storici, splendidi, adorati pezzi di vita. E, nella nostra follia, avevamo già pensato alla scaletta, a quali pezzi fare, alla formazione dell’orchestra, persino ai vestiti. Ogni volta che ci incontravamo in sala di incisione aggiungevamo qualche dettaglio al nostro progetto. Tutto era variabile tranne la presenza di due soli coristi: noi due, per l’appunto. Non importa. Vuol dire che la cosa è soltanto rimandata.

Tua Mina.

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