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Credits: Facebook @francobattiato
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Buon viaggio Maestro: il mondo della musica piange Battiato

Buon viaggio Maestro! La scomparsa del cantautore ha scosso il mondo della musica che piange e ricorda il grande Franco Battiato

Buon viaggio Maestro! La notizia della scomparsa di Franco Battiato (76 anni), nonostante fosse notoriamente malato da tempo, ha scosso nel profondo il mondo della musica, dello spettacolo e non solo. In tantissimi hanno affidato alle parole delle sue celebri canzoni – prima fra tutte La Cura – l’ultimo saluto.

Il grande artista, originario di un piccolo borgo marinaro della Sicilia, ha insegnato tanto a ciascuno di noi. Forse è per questo che le bacheche italiane pullulano di ricordi, foto, video, canzoni e citazioni: un rispettoso tentativo di affrontare questa perdita, sebbene non si tratti di un proprio caro.

Dopotutto la sua musica ci ha sempre sussurrato all’orecchio le debolezze dell’animo umano che, Franco Battiato non ha mai smesso di approfondire ed esplorare, partendo proprio dall’osservazione di sé stesso. Quale miglior modo di consacrare ulteriormente il grande cantautore, se non quello di riportare memorie e addii, di coloro che ne hanno condiviso la carriera musicale? Per il resto Franco è, e resterà per sempre, eterno. 

Buon viaggio Maestro: il mondo della musica piange Battiato

Francesca Michielin: “Maestro, per tutti noi sei stato il grande musicista che ha rivoluzionato il modo di scrivere, la canzone, l’essere artista, ma per me sei stato una lanterna accesa nel buio. Ho iniziato appena sedicenne e tu sei stato uno dei primi a credere in me, andando oltre i pregiudizi che in quel momento sentivo addosso. Mi hai insegnato ad interpretare i pezzi, rimanendo dentro e fuori dalla musica, vivendola senza subirla. Con te ho anche vissuto la mia prima esperienza in teatro e te ne sarò sempre grata. Con la tua scomparsa mi lasci una grande amarezza dentro al cuore, ma da oggi canterò con una motivazione ancora più importante, vivendo la musica come mi hai insegnato: sempre in ascolto, senza mai mettere etichette e costruendo ponti tra le persone. Grazie di cuore”.

Dardust: “E il mio maestro mi insegnò com’è difficile trovare l’alba dentro l’imbrunire”.

Ermal Meta: “Addio Maestro. Ci hai privati del tuo ‘difetto’ più grande, la mancanza di banalità. Buon viaggio”.

Roy Paci: Finalmente ho trovato risposta a quel brano del gigantesco album ‘Pollution’ che ti feci autografare al nostro primo incontro, una data dell’indimenticabile tour di Macramè di Fossati a Milano, dove tra i tanti ospiti c’eri anche tu e che io, poco più che ventenne, sapendo della tua presenza, tremavo come una foglia al sol pensiero di stringere la mano al faro della ‘musica senza barriere’ siciliana e dell’Italia intera.

‘Ti sei mai chiesto quale funzione hai? Adesso dopo quasi 50 anni mi suona forte e chiaro: quella di rendere viva la tua creazione, di fare tesoro del tuo passaggio terrestre e far risplendere quella Luna a te tanto cara e ispiratrice nei rituali di conoscenza, nel mantra doveroso della frequenza della vita. Grazie Maestro per avermi ogni giorno sospinto verso l’unicità, per aver sin da piccolo risvegliato la mia mente dai torpori materiali. Per avermi dato fiducia nella ricerca sonora e nel vedere nella musica un’elevazione spirituale da proteggere sopra ogni cosa. Dalla pupilla viziosa delle nuvole | la luna scende i gradini di grattacieli, | per prendermi la vita”.

Roberto Vecchioni: “Niente parole, solo l’accordo più stridente che si possa immaginare, il tuo non fare malinconia o disperazione, la tua folle assurdità di volare senza ali, di rendere suoni i rumori dell’anima. A rivederci”.

Buon viaggio Maestro: i ricordi dei cantanti

Ornella Vanoni:  “Adesso non ci sei più e siamo tutti più poveri. In quale spazio sei?”.

Lodo Guenzi (Lo Stato Sociale): “Ciao Franco, non ci siamo mai conosciuti ma ti ho pensato molto. Sulla panda rossa targata Palermo del mio coinquilino in accademia, la prima volta che ho disastrosamente suonato con la band che mi ha cambiato la vita in una chalet fighetto portando gli occhiali da sole di notte e storpiando bandiera bianca, quando in mezzo al tramonto di lodi Checco cantava Summer on a solitary Beach con l’ukulele e pensai che sarebbe stata l’unica cover che avremmo mai suonato, e poi sempre di più in realtà. Quando sono diventato uno di quelli della musica ho frequentato backstage in cui la tua autorità da lontano era così forte che c’era sempre qualcuno che ogni tanto chiedeva “come sta Battiato?“. È la domanda che mi mancherà di più.

Si faceva tra musicisti, magari a qualche vecchio autore televisivo che di solito è informato, a Morgan, a Di Martino o Levante perché siciliani, a Dardust perché i produttori sembrano sempre sapere tutto. Tipo una stella polare nella notte, o sapersi orientare guardando le cortecce degli alberi, o un razzo sparato in mezzo all’oceano per far capire chi si è a chi ti viene a cercare. Quella domanda era forse un modo per orientarsi, per sentirsi parte di qualcosa, per ricordarsi chi si è. “Come sta Battiato?”. Già.

Per un po’ sarà un rincorrersi di aneddoti, ricordi, qualcuno troverà una scusa nuova per parlare di sé. Poi resteranno le canzoni, che cosa trana. Quattro minuti di quarant’anni fa hanno più possibilità di durare per sempre di tutti i trent’anni di vita che ho. Non lo so se ritorna, la stagione dell’amore. Ci penso ogni giorno da qualche anno, da quando la scalata verso il cielo non è più il miracolo dei 25 anni ma un lavoro, e qualche volta un obbligo. Forse volevi dire che torna così, in bolle di quattro minuti in cui hai concentrato come un alchimista tutti i buoni motivi per vivere e per amare”.

Written by Sara Caironi

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